Il rinvenimento di una salma nel centro della città obbliga Eva, una giovane e rampante PM di cultura tedesca e figlia dell’ex procuratore capo Kofler ormai in pensione, a lavorare insieme a Paolo, un ispettore di origini italiane, che è nato e cresciuto in città. Eva e Paolo danno vita agli stereotipi della propria cultura e tradizione. Si trovano fianco a fianco in una Bolzano apparentemente divisa. Da un lato ci sono i tedeschi: precisi, rigorosi e benestanti. Dall’altro, si fanno sentire gli italiani: rumorosi e calorosi. È davvero così come appare? Eva e Paolo si frequentano in modo coatto. Questo li porta a scoprire che sono diversi da come pensano di essere. Diventano una solidissima coppia di investigatori. Intanto, danno la caccia al “Mostro di Bolzano“. Chi è lo spietato serial killer, responsabile di sei omicidi? Tutte le vittime sono di lingua tedesca. Sarebbero colpevoli (secondo lui) di aver considerato gli italiani inferiori. Eva è ossessionata dal Mostro di Bolzano, l’unico caso in cui il padre aveva fallito. Composta da otto episodi divisi in quattro prime serate e scritta da Giulio Calvani, Carlo Mazzotta, Daniele Rielli e Andrea Valagussa (quest’ultimo ha gentilmente risposto alle nostre domande), “Brennero” – in onda su Rai1 da questa sera – è diretta da Davide Marengo e Giuseppe Bonito. Nel cast, accanto a Matteo Martari ed Elena Radonicich, spiccano Richard Sammel, Lavinia Longhi, Luka Zunic, Sinead Thornhill, Giovanni Carta, Paolo Briguglia, Anita Zagaria, Katja Lechthaler e Lia Grieco.
Andrea, com’è nato “Brennero”, considerata una delle serie tv di punta di questa stagione?
Lo spunto, a firma di Daniele Rielli e Giulio Calvani, sviluppato poi da Carlo Mazzotta e da me, nasce, per una volta, dal territorio. La sfida che ci siamo dati, insieme a Rosario e Maddalena Rinaldo, produttori Cross, e a Rai Fiction, è stata quella di parlare di frontiere e integrazione, temi quanto mai attuali, ma partendo da una regione d’Italia, l’Alto Adige, in cui il processo sembra apparentemente risolto, una sorta di piccolo paradiso, pulito e ben
organizzato, il posto in cui tutti vorremmo vivere.
Perché ambientare questa storia nel comune italiano della provincia autonoma di Bolzano?
A guardarla da fuori, Bolzano ci appare come un sogno, una cittadina mitteleuropea, con un
welfare nordeuropeo, i silos stipati di mele, le distese di uve Riesling e Blauburgunder, i tristellati Michelin, le macchine di lusso che si arrampicano sulle Dolomiti. Non a caso è sempre nei primi posti nella classifica delle migliori città italiane per qualità dell’ambiente e della vita. Benessere, ordine e piacere: questi i tre capisaldi di una fotografia che rasenta la perfezione. Ma, bucando la foto e guardandoci dentro, viene fuori un quadro conflittuale che non molti conoscono, ma che è il frutto dell’annessione all’Italia, al termine della Prima Guerra Mondiale, di un territorio, il sud Tirolo, con una propria identità precisa. Una decisione politica che ha causato tensioni ancora oggi visibili nella doppia toponomastica: Bolzano/Bozen. In questo territorio convivono infatti una maggioranza di lingua tedesca (in provincia), orgogliosa e identitaria, e una prevalenza di lingua italiana (in città) che si sente in qualche modo discriminata. Lo sapevi che in Alto Adige, pur essendo in Italia, non puoi accedere alle cariche pubbliche se non sai il tedesco? E questo è solo un esempio di un lungo e faticoso processo di integrazione che ha avuto anche momenti drammatici. Tra gli anni ’60 e gli anni ’90, si è quasi sfiorata la guerra civile, il governo ha dovuto istituire un
esercito speciale, ci sono stati atti di violenza costati alle parti una ventina di morti. Una ferita che ancora lascia delle cicatrici e che a noi è servita come territorio fertile per immaginare un giallo.
I protagonisti sono Eva e Paolo. Chi sono?
Eva Kofler (Elena Radonicic) è una PM di lingua tedesca, in apparenza algida, distaccata, fredda. Paolo Costa (Matteo Martari) è un poliziotto di lingua italiana, in superficie guascone, insofferente all’autorità, sanguigno. Insomma, a prima vista, rappresentano perfettamente gli stereotipi che ci aspetteremmo. Ma questa è solo la superficie. Anche loro, come la città in cui vivono e lavorano, sono molto più complessi, sfaccettati, poliedrici.
Cosa li unisce e cosa li divide?
Nel corso della serie scopriremo che quella di Eva è una corazza che si è auto imposta per degli errori compiuti in adolescenza e per non deludere più un padre ingombrante (Richard Sammel), anche lui PM, una sorta di mito, di punto di riferimento inarrivabile, di confronto costante e temuto. Ma la vera Eva non è così, anzi! La sua reale natura è in fondo passionale, verace, materna, istintiva, in qualche modo “italiana”. Al contempo, anche Paolo è il doloroso risultato delle sue esperienze passate. Se ci appare cane sciolto, indisciplinato, insofferente alle regole, lo scopriremo, è solo per il dolore che porta nel cuore e nel fisico. Paolo è senza una gamba, è “diverso”, ma lotta per non esserlo. La sua vera indole insomma è rigorosa, ossessiva, precisa, razionale, in poche parole “tedesca”. Forzati a collaborare i due si scopriranno molto più simili di quel che all’inizio immaginano e a unirli non sarà solo l’obiettivo di catturare il loro nemico comune, ma sarà la stima, l’amicizia, la sintonia, l’amore.
Altro protagonista della storia è il “Mostro di Bolzano”. Cosa ci puoi accennare di più?
Tra l’8 febbraio e l’1 marzo del 1996 Ferdinand Gamper, poi ribattezzato dalla cronaca come il Mostro di Merano, ha ucciso sei vittime scelte a caso, ma di lingua italiana, per manifestare la sua volontà secessionista. A lui ci siamo ispirati per creare il nemico di Eva e Paolo, il mostro di Bolzano. Il nostro killer misterioso uccide invece cittadini di lingua tedesca, in apparenza per protestare contro le condizioni di privilegio che vivrebbero pur essendo in Italia. È una figura totalmente di fantasia, ma, come detto, ci permette di raccontare le reali tensioni di un territorio speciale come quello alto-atesino e al contempo tematiche che sono attuali in tutto il resto d’Italia. E in ogni caso, mi permetto un suggerimento: non fermatevi alle prime impressioni nemmeno con lui. Perché esattamente come per Paolo ed Eva scopriremo che anche il mostro è diverso da ciò che appare e forse non è nemmeno il carnefice che sembra, ma la vera vittima della nostra serie.
In questa storia troviamo il giallo, l’amore in più di una sfumatura, il superare i propri limiti, l’andare oltre i propri fantasmi e un territorio che gioca un ruolo fondamentale. E’ così?
Esatto. Le differenze non devono per forza dividerci, anzi! Possono essere arricchimento, inclusione, guadagno. Le ferite non devono a tutti i costi portare alla resa o, ancora peggio, al risentimento, ma possono essere il motore per una nuova e sorprendente rinascita.
E l’ossessione?
E’ il motore principale dei nostri protagonisti. Per Eva risolvere il caso del mostro, l’unico che suo padre non ha portato a termine, significa dimostrargli di essere la figlia che desidera. Per Paolo vuol dire chiudere un cerchio, lui nella caccia ha perso una collega e una gamba e ora ha un motivo in più per catturare la preda. Vuole dimostrare a sé stesso e al mondo che l’handicap non è un limite, vuole abbattere un altro pregiudizio, vuole tornare a essere poliziotto e uomo a tutti gli effetti.
Protagonisti indiscussi sono Matteo Martari ed Elena Radonicich. Perché proprio loro?
Per interpretare Eva ci serviva un’attrice bilingue, che potesse parlare perfettamente sia in italiano che in tedesco. Per Paolo cercavamo un interprete che portasse nello sguardo una sorta di turbamento e inquietudine. Ma come nella serie queste sono le motivazioni esteriori. La scelta è ricaduta su Elena e Matteo perché sono due interpreti straordinari, capaci di dare verità e profondità a due caratteri così complessi. Sono davvero le colonne su cui si regge la serie e siamo stati davvero fortunati che abbiano messo il loro talento al servizio di questa storia. E in più tra loro c’è una naturale chimica e intesa che arricchisce e dà ulteriore pepe al racconto.
Cosa speri arrivi al pubblico che vedrà questa serie tv?
“Brennero” è prima di tutto un prodotto di genere, una serie “detection”, un giallo con tinte crime e thriller. La regia di Davide Marengo e Giuseppe Bonito gli ha donato un taglio contemporaneo, incalzante, quasi nordico. Insomma, il primo obiettivo è incuriosire, intrattenere, rendere epica la caccia al mostro. Ma per l’ennesima volta è solo il primo strato. Brennero è anche amore, passione, calore. Eva ha una storia personale che non posso spoilerare, ma che, mi auguro, appassionerà. Quindi spero che il pubblico si affezioni ai nostri protagonisti, faccia il tifo per loro, per le loro sfide, per il loro amore. E infine, ultimo strato, ma non meno importante, spero che il progetto faccia anche riflettere. Come detto all’inizio, l’integrazione è un tema quanto mai attuale e necessario. Noi abbiamo cercato di raccontarlo senza sconti, partendo da un conflitto, ma in fondo per arrivare a dire che, per quanto difficile, integrarsi significa arricchirsi e crescere. Parafrasando Konrad Adenauer, uno dei padri dell’unione europea: Tutti viviamo sotto lo stesso cielo, ma solo l’amore può farci avere lo stesso orizzonte.
Nuovi progetti?
A breve dovrebbero andare in onda altri due progetti a cui sono estremamente legato. La seconda stagione di “Blackout, vite sospese” e “Belcanto”, una serie tv in costume sulla lirica, un romanzo di formazione appassionante e tumultuoso. Spero di potervene parlare presto!