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Un allarme per la nostra salute causato dall’inquinamento da plastica monouso. Quella, per intenderci, con cui sono realizzati piatti, posate e strumenti che utilizziamo quotidianamente. Il tutto in relazione con il cambiamento climatico, che a parole tutti vogliono fermare ma che in realtà, specie da parte politica, ci si guarda bene dall’affrontare seriamente.
La notizia è questa: le alte temperature aumentano l’assorbimento delle nanoplastiche da parte delle piante. La notizia arriva da uno studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Plant Physiology and Biochemistry che per la prima volta ha analizzato l’effetto amplificatore dei cambiamenti climatici sull’inquinamento da nanoplastiche. Argomento che riguarda solo ricercatori e botanici? Non è così. Perché se le particelle di plastica finiscono nelle piante, il passaggio successivo è che entrino, come già succede, nella catena alimentare. Con gli effetti che possiamo intuire.
La ricerca è stata condotta dal gruppo di botanica diretto da Monica Ruffini Castiglione, e da quello di fisiologia vegetale, coordinato da Carmelina Spanò, in collaborazione con Stefania Bottega e Debora Fontanini. La sperimentazione nei laboratori dell’Università di Pisa ha impiegato come pianta modello, campioni di Azolla filiculoides Lam, una piccola felce acquatica galleggiante con radici fluttuanti e sottili che assorbono le sostanze disciolte nell’acqua. Come inquinante sono state utilizzate nanoplastiche di polistirene, una delle materie plastiche più comuni e diffuse con cui si realizzano posate e piatti usa e getta, imballaggi, contenitori da asporto e contenitori per l’ortoflorovivaismo.
Dai dati è emerso che a 35 gradi la presenza di plastiche aumenta in modo considerevole all’interno della pianta. Ciò provoca il deterioramento dei parametri fotosintetici e l’aumento dello stress ossidativo e della tossicità nelle piante. L’impiego di particelle fluorescenti ha inoltre permesso alle ricercatrici di tracciarne con precisione l’assorbimento e la distribuzione nei tessuti e negli organi vegetali.
“Il maggior assorbimento di nanoplastiche in condizioni di alte temperature da parte delle piante solleva preoccupazioni riguardo al possibile impatto sulle colture di interesse agronomico, con implicazioni potenzialmente rilevanti per l’ingresso di queste sostanze nella catena alimentare”, dicono Monica Ruffini Castiglione e Carmelina Spanò.
“Il nostro studio – continua Ruffini Castiglione – sottolinea come i cambiamenti climatici non solo sono in grado di amplificare gli effetti negativi dei rifiuti plastici, ma possano anche creare nuove sinergie pericolose tra fattori ambientali e inquinanti, aggravando ulteriormente le sfide ecologiche già esistenti. Questo deve aumentare la nostra consapevolezza e portare a un maggiore impegno verso comportamenti più sostenibili, come ridurre il consumo di plastica monouso”.
fsanfilipporcs@gmail.com