Il 28 ottobre 2018, cinque anni fa, il ciclone tropicale Vaia si è abbattuto sulle Dolomiti. Sono morte 5 persone e la violenza della pioggia mista a venti a 160 Kmh ha abbattuto 16 milioni di alberi. Che messi in fila coprirebbero quasi la distanza fra Terra e Luna. Oppure con 16 milioni di abeti si costruirebbero 1,5 miliardi di strumenti musicali. La modifica dell’ecosistema alpino oltre che dal cielo è proseguita anche da terra: il bostrico, piccolo insetto che distrugge le piante dall’interno, è proliferato costringendo ad ulteriori abbattimenti di piante.
Per 4 giorni Andrea Pennacchi, attore divenuto celebre in tv grazie al personaggio “Pojana”, stereotipo dell’imprenditore del Nordest, ha portato al Teatro sociale di Trento alcune storie dell’Agordino (Belluno), che ricordano quei giorni terribili di ottobre 2018.
In una settimana nel paese di Taibon si sono vissute due situazioni tipiche da mondo in crisi climatica. Prima un incendio divampato dopo un lungo periodo senza piogge che ha distrutto quasi mille ettari di boschi. Poi la furia di Vaia, con 650 millimetri di pioggia caduti in un giorno, più della metà di quanto solitamente piove in un anno.
Nel racconto di Pennacchi si intrecciano tre storie: Silvestro, addetto alle funivie del Civetta in inverno, manovale edile d’estate e volontario della Protezione civile locale. Agata, vedova di 79 anni, con tre figli che lavorano in Germania e Svizzera. Paolo, 13 anni, che a scuola “combatte” con la matematica e fa biathlon a livelli agonistici.
Alla fine dei 70 minuti di monologo di Pennacchi, accompagnato dagli allievi del Conservatorio Bomporti di Trento, restano due domande profonde. Siamo ancora in tempo per fare qualcosa? Come possiamo agire con i nostri comportamenti quotidiani?