
Visita domenicale ad una delle chiese storiche di Verona, conosciuta come Sant’Anastasia, esempio sublime di stile gotico italiano. . Ma… Come spiega la guida dell’associazione Ippogrifo, Alberto Pavoni, in realtà la chiesa, la più grande di Verona, che viene intitolata ad una chiesa precedente che non esiste più, in realtà è dedicata a San Pietro Martire, personaggio o meglio beato piuttosto indigesto alla popolazione locale per le malefatte compiute nel suo servizio di inquisitore domenicano, assassinato il 4 aprile 1252 non lontano da Monza. Eppure condivide con San Zeno il titolo di compatrono della città scaligera. Talmente crudele Pietro, o professionale, a seconda dei punti di vista, da aver ispirato il capo dei capi, Tomás de Torquemada, massima autorità dell’inquisizione spagnola dal 1483 al 1492. Fu il più grande cantiere di Verona agli inizi del ‘300, ma non fu mai terminata.
Come le altre due chiese storiche (San Zeno e San Fermo) non si erge in centro ma in prossimità dell’Adige, in virtù del ruolo strategico che tali luoghi ricoprirono nelle attività di importazione ed esportazione di merci.
La basilica, a dispetto della facciata non completata per esaurimento dei fondi da parte degli investitori, è ricchissima di opere d’arte e offre diversi spunti per una o più visite approfondite. A cominciare dalla presenza dell’affresco San Giorgio e la Principessa, uno dei dipinti più interessanti dell’arte gotica in declinazione italiana ad opera di Pisanello (Antonio di Puccio Pisano), artista veronese di corte passato dal Vaticano ai Gonzaga allo zar di Russia, tanto che oltre 2000 delle sue opere furono lasciate proprio alla zarina rimasta vedova. L’opera conserva, seppur molto lontana dai colori originari, traccia del gusto orientalizzante del suo creatore, che curiosamente lascia notevole spazio agli animali: cavalli in primo piano addobbati in origine con finimenti in argento e oro. La ricchezza e accuratezza nei dettagli viene testimoniata anche dall’allora presenza di lapislazzuli. Sul significato da attribuire alla storia ritratta tra le diverse versioni anche la posizione anti-veneziana di Pisanello, che avrebbe rappresentato nel drago, essere anfibio, Venezia. Non meno intriganti tra gli spazi enormi dell’edificio i riferimenti al sommo poeta, numerosissimi nella zona dove erano conservate anche le tombe degli Alighieri, i cui resti andarono perduti con le distruzioni volute da Napoleone. Se in un affresco riemerso dopo i lavori di restauro del 2015 è individuabile il profilo di Dante, identico a quello presente a Palazzo Strozzi, più curioso il richiamo più difficile da vedere a lato della corolla della finestra sopra l’affresco di Pisanello. Secondo la guida infatti il cane che si lascia scappare una flatulenza potrebbe essere una citazione del canto XXI dell’Inferno, uno dei rari momenti di umorismo dantesco. «Ed elli avea del cul fatto trombetta». Con questo verso, che chiude il canto, il poeta si riferisce all’atto del diavolo Barbariccia che proprio con una flatulenza dà inizio alla marcia della sua banda di diavoli per aiutare Dante e la sua guida, il poeta Virgilio. a risalire. Se poi nella faccia del cane si vuole riconoscere un componente dei della Scala, il riferimento potrebbe essere anche forse al mancato pagamento della commessa.
Sant’Anastasia offre un viaggio affascinante nella storia, nei rapporti di potere politici ed economici di varie epoche e nell’arte.
Ricordare chi era Anastasia, martire perché convertita al cristianesimo, è d’obbligo, anche se a lei in realtà è riservata solo una piccolissima chiesetta, inglobata su un lato di quella attuale. Figura importante in quanto simbolo del legame tra il mondo cattolico e quello ortodosso, santa venerata da entrambe le Chiese.