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Oggi, 21 febbraio, si celebra la Giornata internazionale della Lingua madre: quella che si apprende sin dalla nascita, delle prime esperienze, dei ricordi e delle emozioni, della propria storia ed identità. La giornata nasce per promuovere la diversità linguistica e culturale e il multilinguismo. Le diverse lingue delle minoranze, delle migrazioni, dei dialetti regionali e locali, accrescono la varietà linguistica del nostro paese e, non ponendo limiti all’apertura a nuovi linguaggi, sono lingue “vive” che vanno tutelate e valorizzate.
Mi piace riportare il bellissimo verso del poeta siciliano Ignazio Buttitta che dice “…un populo diventa poviru e servu quannu ci arrobbanu la lingua addutata di patri: è persu pi sempri. Diventa poviru e servo quannu i paroli non figghianu paroli e si mancianu tra d’iddi…”.
Buttitta, tra i poeti contemporanei che hanno deciso di esprimersi in siciliano, perchè considera la lingua come strumento sociale, ci porta a una grande verità: il nostro lessico è un insieme aperto, in continua espansione. Che sembra non conoscere pace, perchè alcune parole scompaiono, altre diventano desuete, altre ancora sono nuove e hanno accesso nei nostri dizionari in quanto largamente utilizzate da piu’ persone e in vari ambiti.
La riconosciuta vitalità e creatività della nostra lingua s’accorda spesso con la necessità di denominare nuovi oggetti e di semplificare le cose.
Ma la circostanza di oggi è utile, a mio avviso, anche per far emergere un altro aspetto direi parecchio rilevante: molte nuove parole provengono spesso dalla lingua inglese, pur disponendo del termine italiano corrispondente.
Perchè usare la parola “party” al posto della parola “festa”? Perchè dire “weekend” invece che “fine settimana”? Oppure, “manager” al posto di “dirigente”, “ticket” al posto di “biglietto”, “fashion” invece che “moda” …
Anche nel linguaggio della politica questa abitudine va consolidandosi e persino molte leggi e fenomeni sociali sono indicati con termini inglesi, creando a volte confusione a livello comunicativo per la poca chiarezza.
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Una lingua che si evolve può certamente prendere a prestito termini da un’altra lingua, ma nel nostro caso, diciamolo francamente, l’uso eccessivo degli anglismi è allarmante e corrisponde a un impoverimento del nostro lessico. Tra l’altro, noi prendiamo tantissimi termini dall’inglese, mentre invece non succede affatto il contrario. La tendenza, quindi, è unidirezionale e ci siamo appiattiti a una sorte di egemonia della lingua inglese, parlata in tutto il mondo perchè è la lingua degli affari, del commercio, delle trattative, delle comunicazioni, ecc… in sostanza, perchè è la lingua della globalizzazione.
Ebbene, possiamo essere ugualmente cosmopolita e moderni preservando e valorizzando la nostra lingua, che rappresenta il vettore della nostra storia e della nostra cultura. L’italiano è meraviglioso, facciamolo sempre piu’ nostro!
Alberto Mazzone