Le lancette dell’orologio corrono velocemente in questa coda dell’anno in cui il tempo è più fibrillante, acceso, contornato di suoni e in cui la musica che anima la festosità del periodo è il velivolo del divertimento, del sogno, il motore propulsore di tante iniziative concertistiche o danzanti. Probabilmente, però, non ci si sofferma abbastanza a pensare al fatto che, incastonati alla musica, ci sono il canto ed il prodigio della voce umana che non è prerogativa esclusiva dei cantanti professionisti ma di tutti. Ne è convinto Artur Asryan (nella foto), musicista di origine armena, cantante, direttore di coro e di orchestra, misicoterapeuta, molto spesso in Italia fra Conegliano, Padova e Trieste per tenere corsi che toccano il rapporto fra musica e antroposofia. “Siamo gli unici rappresentanti del mondo animale ad essere dotati della voce – asserisce – che è il nostro “medium” fra mondo spirituale e mondo fisico. Forse, chissà, gli animali avranno altri tramiti, ma per noi la voce è come un serbatoio che raccoglie sentimenti, pensieri, emozioni. Inoltre disponiamo del palato che serve per la definizione del gusto, ma è anche figurativamente, nella mia concezione, come una chiesa, una cupola in cui si plasmano fonemi, lettere, consonanti. Abbiamo una voce perchè esistono palato, lingua, corde vocali, un patrimonio di ciascuna persona, per questo credo che tutti dovrebbero cantare, non solo chi sale sul palcoscenico e si osserva come un’icona. A mio parere la musica è un’arte nelle arti che si deve ancora sviluppare soprattutto attraverso le potenzialità del canto. Questo, per lo meno, è il mio augurio per il futuro in questo segmento di fine anno che ci porta verso il nuovo”.
L’anima senziente e la nascita del canto
Che cosa fa nascere il canto autentico? Non l’anima razionale che specula, controlla, pretende di dirigere e che, in realtà, stringe la gola ed il respiro, ma “l’anima senziente” che è sede dello stupore, della meraviglia, della gioia. “L’anima senziente è quella dei bambini fino a circa 8 anni – spiega Asryan – che sono impregnati di stupore, di capacità di emozionarsi in modo molto spontaneo. Poi avviene la “caduta dal paradiso” ma non sto dicendo che non dobbiamo crescere, ma che non dobbiamo lasciare che l’anima senziente “dorma”. Il nostro sentire più profondo ci invia, infatti, delle informazioni sotto forma di materiali onirici, intuizioni, istinto che accrescono la relazione con il nostro io, la espandono, la rendono più consapevole. Le componenti psichiche e spirituali, la qualità dei pensieri influenzano la voce che è una via per guardare in se stessi. Musica e canto rappresentano, inoltre, comprovati ed incoraggianti strumenti per fronteggiare l’autismo, la sindrome di Down, depressioni e molte altre patologie. Non posso dimenticare il bambino autistico che una volta ho accompagnato in una esibizione di canto esemplare. Il pubblico non aveva notato alcuna difficoltà e quando sono arrivati gli applausi il bimbo si è rivolto a me prendendomi la mano e dicendomi ripetutamente “maestro ho paura”, ma quella paura ha prodotto il risvolto positivo del discioglimento e della percezione delle emozioni”.
Come una ballerina su un carillon
La fine dell’anno può essere anche il momento dei bilanci e dell’affiorare di qualche ricordo, come quando la musica interiore somiglia alla suggestione di un carillon che ci trasporta nel gioco della memoria. Così si spiega Artur Asryan che racconta: “mia madre era una ballerina e fin da quando ero molto piccolo viaggiavo con lei e insieme a tutta la famiglia per raggiungere la località delle vacanze sul Mar Nero. In treno capitò una volta che un capostazione mi chiedesse che cosa volessi fare da grande ed io risposi che volevo fare proprio il capostazione. Mia madre si sorprese moltissimo perchè sapeva che avrei voluto fare il cantante e lo sono stato, in effetti, come professionista della tradizione belcantistica per molti anni. Da bambino, però, dissi che dovevo fare il capotreno perchè la mia volontà era collegare tantissime persone. Questa è la mia “missione” che ho cominciato a cercare fin dalla fine degli Anni Novanta, quando dirigevo l’Otello di Verdi ma iniziavo a staccarmi dal ruolo di direttore d’orchestra. Avvertivo una esigenza di cambiamento per un bisogno, a mio parere, più ampio, più simile allo slancio di quando ero piccolo e desideravo che la mia voce andasse oltre l’orizzonte del mare. Solo la voce è la mia piena realizzazione e l’elevazione generale della coscienza della vocalità. Per concludere, un punto fermo della mia “svolta” è questa dichiarazione di Igor Stravinskij: “non dimenticate che il caro Dio ha regalato a noi la musica per armonizzare l’umano con la terra”. Sarebbe originale oltre che bello se fra i propositi del 2025 si ponesse la riscoperta della voce e del canto come volano di umanità.