Il ruolo delle radio clandestine durante la II guerra mondiale per dare conforto e notizie a internati, prigionieri e partigiani, facendo sentire la presenza di qualcuno al di là dell’orrore. E Rita Rosani, maestra elementare di religione ebraica di Trieste. Occasione per approfondire la conoscenza e la riconoscenza verso queste due forme di resistenza attiva l’incontro “Rita Rosani e Radio Caterina” in programma il 27 gennaio alle ore 11:45 presso il teatro Fonderia Aperta di Verona. Saranno proiettati video inediti per ricordare: come recita la locandina di presentazione si tratta di un viaggio nel passato per capire il futuro. Ma chi era Rita Rosani, insignita della Medaglia d’oro al valor militare?
Nata a Trieste nel 1920, famiglia ebraica, pagherà presto per il suo credo religioso. Ha solo diciotto anni quando in Italia entrano in vigore le leggi fascistissime, e lei come tanti altri ebrei ne è vittima. Comincia la vita nel terrore, i tentativi di salvarsi e poi di resistere. Se non bastano le ragioni personali e familiari, galeotto secondo gli archivi del movimento partigiano sarà l’amore che porterà Rita alla resistenza veronese nella seconda metà del febbraio 1944. Nello stesso anno nel campo di prigionia per internati militari italiani di Sandbostel nasce Radio Caterina, un piccolo ricevitore ad onde medie autocostruito.
La Rosani (nome d’origine Rosenzweig essendo nata da una famiglia di ebrei cecoslovacchi che si era trasferita in Italia), giovanissima insegnante presso la scuola elementare israelita di Trieste, ebbe le prime dolorose esperienze quando, nel 1938, cominciarono le persecuzioni per la sua famiglia e gli ebrei triestini. Rimase però a Trieste per dedicarsi alla lotta. E non si sarebbe limitata a fare la staffetta, ma decise di impugnare le armi. Riuscì a costituire personalmente un gruppo di quattro partigiani, la formazione “Aquila” destinata ad attrarre ben presto altri proseliti. Con i suoi tre compagni d’armi combatté per mesi in Valpolicella e nella zona di Zevio (Verona). Verrà assassinata sul Monte Comune di Negrar, a nord di Verona, dove si era rifugiata con una quindicina di compagni, il 17 settembre 1944, da un soldato fascista repubblichino, sottotenente della Brigata Mussolini, all’epoca diciannovenne. Avrebbe potuto tentare la fuga con gli altri e sottrarsi alla rappresaglia nazifascista, ma non ci pensò minimamente. “Vuialtri g’avì voia de schersàr” pare abbia esclamato e moschetto in mano si gettò contro il nemico, ben più forte e determinato a distruggere per coprire la ritirata dei suoi. Morì con un colpo sopra l’occhio sinistro. Al suo assassino verrà comminata nel 1945 una pena di 20 anni; in realtà uscirà dal carcere poco tempo dopo. A Rita Rosani invece la dedica di due vie, una a Trieste e una a Verona, e il riconoscimento ufficiale di aver sacrificato la vita per la libertà. A moderare l’incontro il coordinatore nazionale del progetto nazionale La Radio nelle scuole 4.0 Athos Arzenton.