Innovare per rimanere fedeli a se stessi, al territorio, in poche parole alla tradizione.
E’ questa la sfida che stanno già affrontando i produttori vinicoli del Veneto per affrontare i diktat del mercato. A fare una panoramica sulla situazione attuale i presidenti di otto consorzi e Veronafiere durante il Verona Wine Summit ospitato al Teatro Nuovo. “Il vino, la terra, l’abilità agricola e l’attività imprenditoriale sono doni di Dio, ma non dimentichiamo che il Creatore li ha affidati a noi”: sono le parole pronunciate dal pontefice all’inizio dell’anno ad aprire il convegno e lanciare il fil rouge della serata. Sale infatti sul palco lo chef stellato Giancarlo Perbellini che passa in rassegna le precise indicazioni di un menu da papa. e spiega come attualmente si viva lo spostamento del consumo di vino dalla bottiglia al bicchiere. Ai dati forniti da Paolo Arena, nuovo presidente della rete internazionale delle Great Wine e da Veronafiere con Federico Bricolo (presidente), Maurizio Danese (amministratore delegato) e Adolfo Rebughini (direttore generale), orgogliosi di aver saputo coinvolgere la città con le sue attrazioni nella promozione del prodotto così significativo per l’economia dell’intero territorio nazionale si agganciano i presidenti di otto dei 10 consorzi di tutela dei vini veronesi: Soave (Cristian Ridolfi), Monte Lessini Durello (Diletta Tonello), Custoza (Roberta Bricolo), Garda (Paolo Fiorini), Valpolicella (Christian Marchesini), vini Delle Venezie (Albino Armani) Lugana (Fabio Zenato) e Chiaretto di Bardolino (Fabio De Micheli), ormai definitivamente convinti che l’unica strategia per rimanere competitivi e intercettare nuovi consumatori, in particolare i giovani con la necessità di associare vino e divertimento, è fare sinergia. Come specialisti del settore forniscono al pubblico non troppo numeroso chiavi di lettura delle difficoltà che stanno brillantemente superando a cominciare dalle conseguenze del nuovo codice della strada e di nuovi stili di vita ispirati almeno per il momento ad abitudini più salutari. Da qui la necessità di lavorare in particolare nel settore dei bianchi per proporre vini di qualità a gradazione alcolica più bassa. I nuovi mercati come quello americano, terra di conquista per le cantine veronesi, richiedono prodotti più leggeri con una gradazione intorno ai 9° e innovazione, basti pensare a modalità di packaging in grado di mantenere il colore naturale e le qualità organolettiche. Le diversità culturali se da un lato consentono una visione ottimistica sul futuro visti la curiosità e l’entusiasmo con cui vengono accolti i nostri prodotti, d’altro canto esigono un’accettazione di richieste come vini dealcolati per motivi religiosi. Non viene taciuto lo sgambetto tentato a Bruxelles con la cosiddetta battaglia dell’etichetta con l’intento pericolosissimo di assimilare i presunti danni del vino al tabacco per favorire lo spostamento verso altre bevande. Ed ecco emergere la necessità di educare ad un consumo responsabile del vino da considerare un alimento a tutti gli effetti, da godere e gustare in accompagnamento ai pasti e non riducibile a semplice contenitore di alcol secondo la concezione dei paesi nordici. Il valore aggiunto rimane però il territorio con le sue innumerevoli bellezze naturali come dimostrano le cifre dell’enoturismo grazie all’apertura delle cantine a turisti provenienti dall’Italia e dall’estero, accomunati dalla voglia di sapere, conoscere e ascoltare e quindi vivere il sogno italiano. Hanno interagito con gli ospiti i giornalisti di Telearena Mario Puliero e Lucio Salgaro.