“Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa”: «Lavoriamo su noi stessi per non essere feroci con gli altri»
Andrea Spezzacatena è un ragazzino studioso e disciplinato più attento a “fare felici gli altri” che se stesso. Ama i suoi genitori e il fratellino Daniele, adora passare le estati in Calabria dove sente di poter essere completamente se stesso. A scuola invece non è altrettanto facile: da un lato c’è l’amica Sara con cui Andrea trascorre ore serene, dall’altro Christian, “tanto bello quanto stronzo” come lo descrive Sara, il compagno di scuola che Andrea vorrebbe come amico e che invece lo tratta con indifferenza, quando non con crudeltà. Il salto dalle medie al liceo non affranca Andrea dalla presenza tossica di Christian, ripetente e frustrato, e dunque pronto a prendere Andrea come capro espiatorio. Il pretesto, per lui e per i bulli della scuola, è il paio di pantaloni rossi che la madre di Andrea, Teresa, ha stinto per errore e che sono diventati rosa. Andrea finirà per fare la scelta più dolorosa per uscire da una scena in cui è diventato un bersaglio, al punto che i suoi detrattori hanno creato un sito per metterlo alla gogna. Questo è “Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa“, il nuovo film in sala dal 7 novembre diretto da Margherita Ferri, che si basa su una storia vera, quella di Andrea Spezzacatena, il 15enne che il 12 novembre 2012 si è tolto la vita dopo essere stato vittima di molti atti di bullismo e cyberbullismo. Oltre a Claudia Pandolfi e a Samuele Carrino, nel cast troviamo Corrado Fortuna, un volto assai conosciuto dal pubblico. Diviso da sempre tra il piccolo e il grande schermo, Fortuna non ha mai deluso, dando prova di grandi doti interpretative emerse da ciascun ruolo. Ne abbiamo parlato con lui.
Partiamo dalla fine. Sei al cinema con “Il Ragazzo dai Pantaloni Rosa”. Cosa ti ha portato a dire sì a questo film?
Ho fatto un provino, seguendo le scene e le indicazioni della regista. Conoscevo la storia di Andrea, purtroppo l’ennesima. Cercavo un ruolo un po’ diverso, un ruolo in cui potessi essere uomo, padre e marito; cercavo un ruolo che potesse dare un senso che andasse oltre il normale intrattenimento. Quando mi è stato confermato, ero felice.
Chi è Andrea Spezzacatena?
La sua storia la conosciamo grazie all’amore e alla tenacia di sua madre Teresa Manes che ha portato in giro il nome e il ricordo del figlio. Andrea era un giovane di 15 anni, sensibile e confuso come tutti coloro che attraversano quell’età, una confusione che l’ha portato ad essere facile preda del mondo selvaggio che aveva fuori casa. E’ stato vittima di un altro giovane uomo. Sono state due solitudini che si sono scontrate; purtroppo Andrea non ce l’ha fatta e si è ammazzato. E’ stata fermata la sua grande vitalità.
Quegli accidentali pantaloni diventati rosa sono stati la causa scatenante o l’ultimo segnali di una serie di atti di violenza?
Non mi sento di dire la mia, non saprei. Posso dire che tante gocce di veleno ingoiate ogni giorno hanno portato a quello che purtroppo sappiamo. Il rosa è un colore sereno e dolce rispetto alla crudeltà dell’accaduto.
Tu sei Tommaso Spezzacatena, il padre. Come lo descriveresti?
Non ho mai conosciuto il padre che in realtà si chiama Tiziano e che ha deciso di restare nell’ombra. E’ un uomo della classe media che ha sempre lavorato dieci ore al giorno manifestando la sua stanchezza. E’ un uomo che resiste e cerca una soluzione per un matrimonio che sta fallendo. E’ un uomo buono, sensibile e innamorato dei suoi figli che accusa il colpo e cerca di farsi forza.
Come si può dire No a questo tipo di ferocia?
Credo che lavorare su se stessi quotidianamente permettendoci di cambiare sia una buon inizio. Non esiste solo un modo di essere, ce ne sono tantissimi, motivo per cui se ne siamo a conoscenza possiamo provare ad essere meno feroci con gli altri.
Questo è soltanto l’ultima sfida attoriale a cui hai partecipato, ma perché fare proprio l’attore?
Studiavo scienze politiche a Firenze, mai avrei pensato di fare l’attore. Per casi fortunati, ho conosciuto Paolo Virzì che mi ha poi permesso di provare a fare questo mestiere. Da lì, è partito tutto.
La tua Palermo ha aiutato in questa scelta?
Sicuramente. Mi stava stretta e negli anni novanta me ne sono andato, il rumore delle bombe si sentiva troppo. Avevo voglia di mondi alternativi rispetto ad una città di mezze verità e di non detti.
Per te cosa significa essere un interprete?
La possibilità di raccontare una storia. E’ gratificante sempre e comunque ma è pura magia quando si trova un senso ulteriore dando la possibilità di cambiare l’anima anche a una sola persona.
A chi senti di dover dire Grazie?
A Virzì e a Riccardo Milani ma anche a me stesso per averci creduto e non avere mai mollato. E’ un lavoro meraviglioso ma molto complicato che lascia spesso la bocca amara perché capita che nessuno ti cerchi. Crescendo, ho più consapevolezza e c’è un vero rapporto d’amore.
E la parola emozione? Quale valore ha per te?
E’ molto democratica. Tutti proviamo emozioni, io ne sono sempre vittima. Più si provano e più siamo accanto gli uni agli altri.
Non solo attore ma anche regista, che effetto fa stare dietro alla macchina da presa?
Ho fatto piccoli progetti, docufilm e videoclip. Mi diverto tanto e mi piacerebbe un giorno debuttare come regista di un film. Ci sto provando.
Ti conosciamo anche come scrittore, le parole che peso hanno per te?
Le parole dette hanno il peso dell’aria, mentre quelle scritte rimangono. Personalmente, preferisco quelle scritte, scrivere è sempre il modo migliore.
I tuoi progetti per il futuro?
Uscirà al cinema FUORI di Mario Martone con Valeria Golino e la serie tv Netflix MASCHI VERI di Matteo Oleotto.