Quando nell’estate del 2022 l’Italia viene prosciugata ancor di più dalla siccità, Paolo Cognetti assiste all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, piccolo borgo posto a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di Brusson. Quanto avvenuto lo porta a far nascere in lui l’idea di voler raccontare la bellezza delle sue montagne, dei paesaggi e dei ghiacciai ormai destinati a sparire o cambiare per sempre. In compagnia dell’inseparabile cane Laki, lo scrittore torna nello scenario alpino de “Le otto montagne”, questa volta per un documentario che racconta il monte Rosa attraverso paesaggi mozzafiato e incontri con chi nella montagna ha trovato, prima che una casa, un vero e proprio “luogo del sentire”. Dopo aver visto colui che sa unire magicamente le parole in “Sogni di Grande Nord” di Dario Acocella dove ha seguito le tracce del Christopher McCandless di Into the Wild negli incredibili e remoti scenari dell’Alaska e non solo, questa volta lo vediamo debuttare da regista in FIORE MIO in un viaggio più intimo, introspettivo e mai scontato nella sua montagna, un luogo geografico ma soprattutto un luogo della comprensione di quanto abbiamo intorno. Prodotto da SAMARCANDA FILM, NEXO DIGITAL, HARALD HOUSE, EDI Effetti Digitali Italiani con il sostegno della FILM Commission Vallée d’Aoste, FIORE MIO sarà nelle sale cinematografiche italiane il 25, 26 e 27 novembre. Ne abbiamo parlato con Leonardo Barrile, produttore del film.
Com’è nata l’idea di fare questo docufilm?
Con Paolo Cognetti c’è un bel rapporto di amicizia, ancora prima di “Sogni di Grande Nord”, ancora prima della sua vittoria allo Strega nel 2017. Con il docufilm diretto da Dario Acocella, siamo partiti dalla Valle d’Aosta fino ad arrivare in Alaska. A inizio 2023, abbiamo pensato ad un altro documentario facendo esordire Paolo alla regia.
Ci spieghi il titolo?
Fiore mio è sempre stato la prima scelta; è il titolo che racchiude i pensieri di Paolo. E’ il suo fiore, la sua montagna. E’ un atto d’amore per il monte Rosa e la Valle d’Aosta.
Come definiresti questo viaggio sul monte Rosa?
E’ stato meraviglioso e Paolo è sempre stato la nostra guida per realizzare il miglior racconto cinematografico possibile. Abbiamo fatto del nostro meglio per accogliere i suoi desideri. Abbiamo parlato, discusso e affrontato insieme.
La montagna viene vista come un luogo accogliente?
Cognetti da sempre ha fatto di tutto per difenderla e per proteggerla insieme ai suoi amici che mi piace definire guardiani della montagna. Dovremmo vederla come un mondo che spesso perdiamo con il quale riconnetterci perché il contatto con la natura è fondamentale per le nostre esistenze.
Questo film non parla di come possiamo salvare la montagna, bensì di come la montagna potrebbe salvare noi. Come può farlo?
Non possiamo salvarla perché la natura cambia, si evolve. Lei però può salvare noi perché la sua dimensione può indurci a riflettere, a cercare noi stessi e a confrontarci con l’eternità. Le montagne sono lì da sempre. Il tempo scorre in maniera diversa.
Alla regia e come protagonista troviamo Paolo Cognetti, il nostro Hemingway italiano. Chi è Paolo per te?
Un grande amico. Io sono siciliano e la montagna per me era qualcosa di lontanissimo, lui me l’ha fatta conoscere e amare. Ha cambiato il mio modo di vedere il mondo. Il nostro è stato un incontro umano importante. Ha una forte autorevolezza artistica e leggere i suoi libri per me è stato meraviglioso.
Secondo te, in cosa consiste la sua forza e perché è così amato tra i lettori?
Paolo è estremamente coerente con quello che dice e che fa. E’ sempre autentico, una persona generosa e amabile. Ha un grandissimo spessore culturale con la bella capacità di sedersi a un tavolo parlando con chiunque.
Il film è diviso in due parti: nella prima c’è tanta montagna, mentre nella seconda Paolo sembra quasi scomparire. E’ una scelta che porta lo spettatore ad avvicinarsi ad una natura amica?
La natura è sempre amica. Nel corso del film, Paolo si fa sempre più da parte per lasciare spazio a una natura sempre più protagonista con i suoi ruscelli, il ghiacciaio, i suoi animali, i suoi venti e così via.
Insieme a Paolo, troviamo Remigio, Arturo Squinobal e sua figlia Marta, Corinne, Mia, Sete e Laki. Ci racconti un po’ chi sono?
Remigio c’è sempre stato ed è da sempre un grande amico di Paolo, gli abita vicino, è un depositario della cultura di montagna, un essere umano molto profondo. Corinne è una rifugista al Quintino Sella ed è la sorella di Sete. Quest’ultimo è uno sherpa che qualche anno fa è venuto a vivere in Valle d’Aosta e adesso lavora in uno dei rifugi più alti d’Europa a 3600 metri di quota. Quello che guadagna in Italia va in Nepal, dove vive la sua famiglia e dove lui ha visto tanti amici, sherpa anche loro, finire la propria vita sotto una valanga o in un crepaccio. “Niente”, ha risposto ridendo, quando Paolo gli ha chiesto che cosa desiderasse. Arturo è l’uomo che ha portato Paolo sul ghiacciaio per la prima volta; lui e suo fratello Oreste sono due alpinisti che, tra le varie imprese, hanno aperto vie invernali sul Bianco e sul Cervino. Oggi Oreste non c’è più, ma Arturo e la figlia Marta hanno costruito in sua memoria l’Orestes Hutte, il primo rifugio vegano delle Alpi. Mia lavora da poco al Mezzalama; ha 26 anni, è antropologa e viaggiatrice, ha fatto stagioni sul ghiacciaio e altre da McDonald’s a Dublino, non sa dove sarà l’anno prossimo. Infine c’è Laki che si trova sempre nel posto giusto, un cane inarrestabile anche in vetta, nonostante i suoi tredici anni di vita.
Cosa speri arrivi al pubblico che verrà in sala?
Un momento di riflessione sul rapporto con noi stessi e sul nostro divenire. FIORE MIO ci parla di montagna, di natura, di vita, del tempo che passa e di amicizia. Mi auguro che porti a fermarci e a pensare che di fatto sono le cose semplici ad essere le migliori.
Con la tua casa di produzione cosa ti auguri di far arrivare alla settima arte?
Samarcanda Film è nata con il mio collega e amico Francesco Favale; è un percorso nato con tanti sacrifici e tanto amore per il cinema. Noi siamo ancora artigiani. E’ difficile essere un produttore per un sistema sempre più macchinoso ma continueremo a raccontare storie con onestà e autenticità.
Nuovi progetti?
Con Rai Documentari stiamo lavorando a un docufilm da Pretolini ad oggi.