Carlo è un giraffista sotto il nome di “Gollum”. La sua vita e quella del suo amico Frank cambia all’improvviso quando i due si imbattono in Nina, mamma a soli 15 anni che sta fuggendo da un matrimonio forzato. Per stare vicino a Nina, Frank si unisce alla gang dell’ex marito della ragazza, alla fine, però, i tre ragazzi decidono di scappare tutti insieme da Milano per formare un nuova famiglia fuori dal comune. Presentato al Festival di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti Extra, “La storia del Frank e della Nina” di Paola Randi – dal 3 ottobre al cinema – vede protagonisti tre adolescenti che vivono una storia d’amore e di amicizia. Nel ruolo di Frank, troviamo Samuele Teneggi, un giovane molto promettente del nostro cinema che ha debuttato in sala con Marco Bellocchio in “Rapito”. Ne abbiamo parlato con lui.
Samuele, perché dire sì a questo nuovo film?
Ho fatto un self tape, poi un provino. Sono stato molto fortunato, anche perché il film rientra nei miei gusti cinematografici.
Tu sei Franck. Come lo descriveresti?
E’ molto complicato nel suo essere semplice. Ha 17 anni e vive tutta la confusione della sua adolescenza con tutto quello che comporta. La sua è una confusione incompresa tipica di quell’età.
Per lui, l’amicizia e l’amore cosa rappresentano?
Sono concetti primordiali per lui. Non si pone troppe domande, preferisce vivere. Sono piccoli germogli che ancora devono avere la loro massima espansione. Carlo e Nina sono i suoi punti di riferimento.
Viene raccontata una Milano realistica e immaginata con un fondo di amarezza ma anche con la speranza che a volte il prendersi una parentesi nei confronti del mondo degli adulti possa costituire un’occasione per guardarsi dentro. Il tuo Franck lo fa?
Vive la Milano come viene descritta. Ha la necessità di scrivere il suo punto di vista della realtà in cui abita, il suo slogan è “la realtà è solo un punto di vista”. La fantasia invece è “il punto dove ci piove dentro”. Ha una visione ottimista nei confronti di un’esistenza che non gli ha fatto sconti; ha voglia di rinascere.
E tu?
In questa vita, ci vorrebbe n forte coraggio per trovare pienamente se stessi. Vorrei essere più ribelle ma non sempre mi è possibile. Questo lavoro mi porta ad esplorare.
Perché hai scelto proprio questo mestiere?
C’erano segnali di pancia troppo forti. Avevo visto una rivisitazione amatoriale de “Il gobbo di Notre Dame” e mi aveva stupito come veniva trattato il protagonista di questa storia, sentimenti che non avevo mai provato. Mi è sempre piaciuto vedere i retroscena.
Hai debuttato con Bellocchio per “Rapito”. Cosa ti ha lasciato?
L’entusiasmo infinito di raccontare storie, la fiducia che mi ha dato e la sua calma.
Nuovi progetti?
Uscirà il corto “L’estate che verrà” di mauro Lodi e al cinema “La stanza indaco” di Marta Miniucchi.