Tre decenni di vita dell’architetto ebreo László Tóth, emigrato dall’Ungheria negli Stati Uniti nel 1947, dopo essere stato detenuto nei campi di concentramento tedeschi. Gli inizi in America sono difficili, per le necessità economiche e l’impossibilità di poter portare con sé la moglie Erzsébet e la nipote Zsofia, ma grazie al cugino Attila, a László viene commissionata la ristrutturazione di una libreria dal milionario mecenate Harrison Lee Van Buren. Il lavoro di Tóth porta prestigio a Van Buren, che decide di affidargli un progetto mastodontico: la costruzione di un centro culturale e luogo di aggregazione, destinato a ospitare nello stesso edificio biblioteca pubblica, palestra e cappella.
Durante il lavoro Tóth incontra molte difficoltà, per le diffidenze verso gli stranieri e per i continui tentativi di alterare il suo progetto originario, ma pur di difendere strenuamente il suo lavoro, arriva a investirvi parte dei propri profitti. “The Brutalist“, il film di Brady Corbet da 10 candidature agli Oscar 2025 – dal 6 febbraio al cinema – è un grande ritratto su un uomo e il suo desiderio di risolversi, conquistando un posto nel mondo.
Dopo “Vox Lux”, il regista è tornato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con un’opera della durata di quasi quattro ore, con in mezzo un intervallo di quindici minuti con tanto di countdown e che ha vinto un meritatissino Leone d’Argento per la regia. La pellicola cinematografica è a tutti gli effetti un grande film. È anche un’opera complessa in cui si incontrano e intrecciano temi quali immigrazione, sfruttamento, sogno americano e ancora talento, resilienza e creatività. Il regista ha impiegato ben sette anni per realizzare “The Brutalist” e ha trovato un perfetto sostenitore nell’attore Adrien Brody che qui veste i panni del protagonista.
«Toth è un architetto ebreo ungherese che fugge dall’Europa dopo la guerra e arriva in America per iniziare una nuova vita e ricongiungersi con la moglie da cui è stato forzatamente separato. È il viaggio di un rifugiato legato al suo passato di cui è anche stato spogliato. Sta cercando di trovare la sua strada in una nuova terra con un nuovo insieme di regole». Il regista ha dichuarato: «Quando si redige una dichiarazione formale o una nota d’intenti è consuetudine illustrare i temi o l’estetica di un film, ma dopo quasi un decennio passato a cercare di far partire questo progetto vorrei invece cogliere qui l’occasione per ringraziare tutti e ciascuno dei collaboratori che hanno reso possibile il “film impossibile”. Il mio cast, la mia troupe, la mia famiglia: le parole non bastano. È stato un onore e un privilegio portare The Brutalist al pubblico dell’81. Mostra del Cinema di Venezia in 70mm».