Presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, è in arrivo nelle sale cinematografiche, esattamente il 16 novembre “The Old Oak”, distribuito da Lucky Red. Il film, descritto come un dramma commovente che parla di perdite, di paura e della difficoltà di ritrovare la speranza, è diretto da Ken Loach e scritto da Paul Laverty. Racconta la storia dell’ultimo pub rimasto in una cittadina del nord dell’Inghilterra, nella contea di Durham, l’unico luogo pubblico in cui le persone possono incontrarsi in quella che un tempo era una fiorente località mineraria e che oggi invece attraversa momenti piuttosto grigi. TJ Ballantyne, uomo di mezza età, è il proprietario del pub, da anni frequentato dagli stessi, pochi clienti. L’arrivo di profughi siriani crea subito tensione tra i cittadini, che invece di prendersela con decisioni e fallimenti delle autorità governative sfogano il loro malcontento sugli immigrati.
Tra loro c’è anche la giovane Yara, una ragazza che parla bene inglese ed è appassionata di fotografia e lega subito con il gentile, umano, TJ: insieme, tra mille difficoltà, cercano di rilanciare la comunità locale organizzando una mensa per i più poveri.
Gli ostacoli sulla loro strada però sono molti. L’amicizia di TJ con Yara promette guarigione: come loro, un giorno le due comunità potrebbero incontrarsi per capirsi e creare forti legami. Il retro del pub – chiuso da trent’anni, ma dove pendono ancora dai muri le fotografie che mostrano la tanta solidarietà vissuta durante il grande sciopero dei minatori del 1984, duramente osteggiato e sconfitto da Margaret Thacther – diventa un luogo dove cucinare e condividere pasti comunitari gratuiti: come a dire “quando si mangia insieme, si resta uniti”, oppure, come dice qualcuno del gruppo, “a volte nella vita non c’è bisogno di parole, solo di cibo”.
Dopo aver conquistato due volte la Palma d’Oro e tre volte il Premio della Giuria, Ken Loach torna con ostinata coerenza all’attivismo cinematografico e lo fa splendidamente. “The Old Oak” è un appello alla solidarietà, in cui le persone vogliono essere “viste” e potersi sentire incluse; vogliono cioè sedersi in un pub che sta a malapena in piedi e aspettare un altro giorno che sicuramente porterà altra disperazione: ma vogliono farlo insieme. Per Loach, non si tratta di affermare che tutto è perfetto, bensì che si tratta di assicurarsi che, quando non andrà bene, non si sarà completamente soli.